Poesia et alias

a cura di   Lidia Compagnino

 

Introduzione

E’ questa la mia lettera al mondo
Che mai scrisse a me.

Emily Dickinson

 

 

 

 

 

 

 

Comprendere è una sfida difficile: si tratta di mettere in dialogo due universi soggettivi e di offrire la possibilità prima, e l’esperienza poi, che, nonostante le differenze, questi due universi riescano ad accostarsi non per spiegare oggettivamente, non per piegarsi violentemente l’uno all’altro, ma per tradurre soggettivamente ciò che nell’interiorità di ciascuno sta accadendo.

Comprendere è faticoso, a tratti estremamente faticoso.

Pure comprendere è necessario e vitale: comprendere ciò che è diverso da noi per allargare l’orizzonte, consapevoli “che non si può dire mai tutto da soli” (Gadamer), comprendere ciò che ci è simile per entrare in contatto più profondo con le sfumature dei colori del nostro paesaggio intimo, comprendere
l’altro, comprendere noi, comprendere noi insieme all’altro.

Senza lo sforzo e la dura fatica della comprensione dell’altro e di noi non esiste accoglienza, non esiste dialogo, non esiste incontro e non esiste neppure cura.

Portiamo tutti nel cuore una nostalgia antica della comprensione da parte di qualcuno che ci ha amato, ci ha incontrato, ci ha accolto, ci ha curato, prima ancora che sapessimo chi eravamo, prima ancora che fossimo in grado di esprimere i nostri desideri e i nostri bisogni.
E questa nostalgia antica è alla base della nostra opportunità di essere felici e della nostra eventualità di soffrire.

Questa nostalgia antica ha fame delle parole che non ha avuto – e che ancora desidera e spera- per farsi ascoltare e nutrire.

Mi sono messa così in ascolto di ogni testo che ho incontrato per darle voce e riparo: la dignità di esistere ancora come allora attraverso le parole di poeti letterati saggisti cantautori sceneggiatori registi e pubblicitari.
Ho saccheggiato senza pudore e vergogna ogni fonte non discriminando in base alla cultura o a una presunta istruita adeguatezza, ma ascoltando solo ciò che aveva forza di espressione, foss’anche scritto sui muri, e potesse farsi cibo di parole per questa antica nostalgia e possibilità di comprensione per me e, mi auguro, per chi leggerà.

Se qualcosa di ciò che ho raccolto e raccolgo vi parlerà e parlerà a quella fame aprendo spazi di comprensione e di incontro la fatica non sarà stata inutile.

Lidia Compagnino, psicologo psicoterapeuta

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